Fa anys que estic enamorada de l'art i d'Itàlia, que somnio en estar on estic ara... com acabarà?

Sono innamorata dell'arte e dell'Italia da sei anni fa, e sognavo stare dove sono adesso... come finirà?

domenica 20 febbraio 2011

SULLA STORIA DELLA CATALOGNA



Nel 1710 la Catalogna, gelosa delle sue libertà che vedeva minacciate, abbracciò la causa dell'arciduca d'Austria nella guerra di successione. Quando la sua fazione fu sconfitta e il casato dei Borbone si impossessò del trono di Spagna, la Catalogna fu punita severamente. La guerra era stata lunga e crudele, ma le conseguenze furono anche peggiori. Gli eserciti borbonici saccheggiarono la regione; contavano sulla connivenza delle alte sfere e non se feccero scrupoli. Poi venne la repressione ufficiale: i catalani furono giustiziati a centinaia; le loro teste infilzate sulle picche, vennero esposte nei punti più frequentati del Principato, per dileggio e perché servissero da monito. Migliaia di prigioneri furono inviati ai lavori forzati in punti remoti della peninsola e persino in America; tutti morirono con i ceppi ai piedi, senza rivedere l'amata patria. Le donne giovani furono destinate a sollazzare le truppe, e questo provocò una penuria di ragazze da marito che perdura ancora oggi. Molti campi furono devastati e per rendere sterile la terra vi fu sparso il sale; gli alberi da frutto furono sradicati. (...) I monumenti e le statue che ornavano viali e piazze furono fatti a pezzi, polverizati. I muri dei palazzi e degli edifici pubblici vennero ricoperti di calce e su questo rivestimento furono dipinte figure oscene e incise frasi sconce o offensive. Le scuole furono transformate in stalle e viceversa; l'università di Barcellona, dove avevano studiato e insegnato figure illustri, fu chiusa. (...) Tutte queste misure furono portate a conoscenza del re. Forse, disse lui, ai catalani la lezione non è bastata. Filippo V, sposato con l'italiana Elisabetta Farnese, non era un sanguinario, ma conseglieri malintenzionati gli avevano detto peste e corna dei catalani, così come dei siciliani e dei napolitani, dei creoli d'oltremare, dei canari, dei filippini e degli indocinesi, tutti sudditi della Corona di Spagna. Per questo aveva fatto construire a Barcellona una imponente fortezza, dove aveva ospitato un esercito di occupazione pronto a soffocare qualsiasi tentativo di rivolta. La fortezza fu chiamata fin dall'inizio la "Ciutadella", la cittadella. (...) All'ombra dei bastioni i barcellonesi conducevano una vita da servi, piangendo di nostalgia e di rabbia. (...)
Qualche cifra che parla da sé: A metà del XIX secolo la superficie di Barcellona era di 427 ettari. Nella stessa epoca Parigi disponeva di 7.802 ettari; Berlino di 6.310 e Londra di 31.685. Persino una città apparentemente piccola come Firenze contava su un'area di 4.226 ettari, ovvero dieci volte più grande di quella di Barcellona. Anche la densità di abitanti per ettaro è rivelatrice: 291 a Parigi, 189 a Berlino, 128 a Londra, 700 a Barcellona. Perché non si abbattevano le mura? Perché il Governo non dava il permesso: con pretesti strategici difficili da sostenere continuava a soffocare la città, impediva che Barcellona crescesse in estensione e potere.

Eduardo Mendoza, "La città dei prodigi" (1986). Traduzione italiana dal 2009. Giunti Editore, Firenze

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