Antonio
Canova (1757-1822)
Canova era lo scultore più innovativo e
acclamato del Neoclassicismo.
Duranti gli anni 80 del Settecento sviluppò un
nuovo stile di purezza idealistica. I suoi contemporanei preferirono le sue
sculture ideali anzichè le universalmente ammirate sculture dell’Antichità.
Ebbe anche tanto successo come scultore di ritratti, spesso mescolando uno
stile classicheggiante con dell’espressioni facciali naturalistiche.
Suo nonno, Pasino Canova era uno scultore minore
specializzato in piccole statue per altari e bassorilievi dell’ultimo Barrocco.
Antonio diventò apprendista nella bottega dello
scultore Giuseppe Bernardi e lo seguì fino a Venezia, dove studiò la pittura di
nudi nell’Accademia e le caratteristiche della scultura dell’Antichità nella
collezione di Filippo Farsetti (nobiluomo veneziano collezionista di opere
d’arte). Dopo la morte di Bernardi, Antonio lavorò con lo scultore Ferrari, e
realizzò le sue prime opere indipendenti per il Palazzo Farsetti.
1775: Canova vinse il secondo premio in un
concorso dell’Accademia con un piccolo gruppo in terracotta, copia di una
scultura antica della collezione Farsetti.
Sempre negli anni 70 fu commissionato dal
senatore Giovanni Falier a fare delle sculture per il giardino della sua Villa
(esempio: “Euridice ed Orfeo”). Queste opere fecero sì che Canova avesse il
favore dei nobili veneziani, in questo modo, la sua carriera artistica decollò.
Via via, Canova abbandonò lo stile dell’ultimo
Barrocco. Le sue figure nude, posano con attitudini e gesti naturali; così si
avvicina alla ricerca d’una idealizzazione classicheggiante.
Nel 1779, Canova fu nominato membro
dell’Accademia veneziana, e fece per quell’occasione una terraccota di Apollo,
modello per una delle sculture che stava preparando per la Villa Rezzonico a
Bassano. Quest’opera fu inspirata dalla famosa “Apollo e Daphne” di Bernini.
Nel mese di ottobre, sempre del anno 1779,
Canova partì verso Roma per studiare l’arte antica e moderna. Là lavorò sempre
e fece delle importanti opere come i monumenti funerari di Clemente XIII e
Clemente XIV nella Basilica di San Pietro.
Eros e Psiche, la scultura
Però l’opera che ci occupa è la fantastica “Eros
e Psiche” (1787) che possiamo ammirare nel parigino Museo del Louvre.
Una delle sculture con più dolcezza del mondo
che ci fa innamorare... innamorare delle persone ma anche dell’arte, della
bellezza e della perfezione. Chi non desidererebbe essere svegliata con una
dolcezza del genere? E sono convinta che, anche quelli a cui non piace
tantissimo l’arte e che, probabilmente vanno ai musei con meno voglia, si fermano
a guardarla con attenzione e si rendono conto che aver fatto una fila pazzesca
è valsa la pena solo per vedere una meraviglia così. Diciamo che è di quelle opere di arte che
piace anche ai meno affezionati all’arte perché bisogna solo avere una minima
sensibilità per apprezzarla.
LA FAVOLA MITOLOGICA:
Per conoscere la storia di questi amanti mitologici potete leggere sto link
di un interessantissimo blog che ho scoperto per caso:
Canova, però, seguí la versione della favola di Apuleio,
nel suo libro “Le Metamorfosi” dove si racconta che fu Venere, gelosa della
bellezza di Psiche, a chiedere ad Eros (suo figlio in alcune versioni della
Mitologia Greca) di farla innamorare del più brutto uomo della Terra. Invece,
però, sarà Eros ad innamorarsi di lei e per questo motivo la portò nel suo
palazzo dove fu servita ed onorata come una regina con l’unica condizione di
non guardare mai il viso del suo amante. Ma quando lei, preoccupata
dell’opinione delle sue sorelle che pensavano che lui fosse un mostro che non
si voleva fare vedere, accese una lucerna mentre lui dormiva scoprendo che in
realtà era bellissimo, lui si svegliò e dovette fuggire perché Psiche aveva
violato il patto. Lei, disperata si misse alla ricerca dell’amato e dové
affrontare l’ira di Venere che la obbligò a superare quattro difficilissime
prove.
L’ultima delle prove era scendere nel regno dei morti e
farsi dare da Proserpina un vasetto che doveva consegnare a Venere senza
aprirlo. Purtroppo la sua curiosità la tradisce per seconda volta e lo aprì,
venendo avvolta in un sonno mortale. Ma intervenne Eros per salvarla,
svegliandola col suo bacio di amore puro e ottenendo da Zeus l’immortalità per
lei, in questo modo la sposò e la portò all’Olimpo.
L’artista si sarebbe ispirato in un dipinto
scoperto ad Ercolano (con uno Fauno e una Baccante) per rappresentare un mito di amore spirituale,
che trascende a tutti i sensi.
La scultura fu commissionata da Sir John
Campbell che si trovava a Napoli in quei anni e dove Canova andò a riposarsi
dopo lo stress della realizzazione della tomba di Clemente XIII. Ne fece più
variazioni ed anche la scultura degli innamorati in piedi, abbracciati, “Amore
e Psiche Stanti”.
Si coglie, dunque, il momento in cui Eros salva
la sua amata, svegliandola del sonno mortale con un bacio di vero amore. E’
giusto che Canova scelse il punto più emotivo della favola per sviluppare il
suo stile armonioso, elegante e dolce. Questo capolavoro ritrova il tono
poetico e metafisico della favola. Si suggerisce l’istante magico in cui l’amore
raggiunge l’estasi divina e questo istante gli permetteva di sprimere il suo
obiettivo di rappresentare in marmo la morbidezza ed il calore della carne
viva, caratteristiche ovviamente opposte a quelle del freddo e duro marmo. Per
questo motivo, le sue sculture sono così ammirate: senza dubbio, Antonio Canova
ci riuscì.
La scultura, in una posizione molto difficile da
equilibrare, è stata realizzata dalla contrapposizione dei corpi: Psiche è
sdraiata con le braccia alzate, Eros è piegato con una gamba tesa. Le due teste
sono il centro della composizione, s’incontrano nel centro della “X”, definita
nella parte superiore delle ali di Eros.
L’opera fu acquistata nel 1800 dal collezionista
olandese Henry Hoppes, e dopo di lui, dal maresciallo Joachim Napoleone Murat
(cognato di Bonaparte e Re di Napoli dal 1808 al 1815) che la mise nel suo
castello e fu ammirata dal proprio Napoleone Bonaparte, così divenne il suo
scultore preferito e di tutti i Bonaparte.
Brava Silvia, belle foto!
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